In alcuni recenti articoli del blog ho trattato delle conseguenze legali derivanti dal mettersi alla guida dopo aver bevuto.
Oggi vorrei, invece, rispondere a una domanda che mi viene posta spesso: al momento del controllo il conducente può rifiutarsi di fare l’alcoltest o è sempre obbligato a fare quello che gli viene chiesto dalle Forze dell’Ordine?
Ebbene, è sempre possibile rifiutare sia gli accertamenti preliminari (per mezzo del c.d. precursore), sia l’accertamento con l’etilometro e pure il prelievo di sangue in ospedale.
Infatti, l’accertamento dello stato di ebbrezza è obbligatorio ma non coattivo, nel senso che il soggetto richiesto è obbligato a collaborare con gli operanti e se non lo fa incorre in conseguenze.
Tuttavia, non può essere costretto con la forza ad effettuare tale accertamento.
Al contrario non è possibile sottrarsi in caso di incidenti gravi.
Più precisamente, infatti, l’unica eccezione è rappresentata dal caso in cui il soggetto sia indagato dei reati di omicidio stradale o lesioni stradali gravi o gravissime (con prognosi superiore a 40 giorni): solo in tale ipotesi è possibile, se la persona si oppone, procedere all’esecuzione coattiva degli accertamenti, ai sensi dell’art. 359, comma 3 bis, c.p.p.
Cosa si intende per rifiuto di sottoporsi all’alcoltest?
Il rifiuto può consistere tanto in una condotta esplicita, resa manifesta agli operanti, quanto in una condotta implicita, come ad esempio aspirare aria invece di soffiare nel boccaglio, oppure soffiare pianissimo per non ottenere una misurazione valida (in tal senso, Cass. 34756/2020).
Cosa comporta il rifiuto di sottoporsi ad alcoltest?
In presenza di queste condotte, gli accertatori ne daranno atto nel verbale e la persona verrà indagata per il reato di cui all’art. 186, comma 7, Codice della Strada, che sanziona il rifiuto dell’accertamento con le stesse pene previste per la soglia più grave (lett. c), oltre 1,5 g/l), quindi con l’ammenda da € 1.500 a 6.000 e arresto da sei mesi ad un anno. (se vuoi rivedere le soglie considerate dal codice della strada, ti rinvio a questo precedente articolo)
Inoltre, è prevista la sospensione della patente da sei mesi a due anni (quindi inferiore nel minimo rispetto alla lettera c), che parte da un anno) e la confisca del veicolo, salvo che non appartenga a persona estranea alla violazione.
Cosa cambia, invece, per quanto riguarda la revoca della patente?
In questa ipotesi, è prevista la revoca della patente se il fatto è commesso da chi, nei due anni precedenti, sia già stato condannato per il medesimo reato.
Tuttavia, proprio in questa ipotesi si nota la scarsa attenzione del legislatore che, ha disegnato questa fattispecie con un tecnica infelice: infatti, come chiarito dalla Cassazione, a differenza di quanto previsto per l’art. 186, comma 2, lettera c) del Codice della strada, in caso di rifiuto di sottoporsi ad alcoltest, se il veicolo è di proprietà di un terzo, la pena non può essere raddoppiata (così Cass. Pen., SS.UU. Sent. n.46624/2015).
La Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 46625/2015 ha inoltre precisato che, nel caso di rifiuto dell’accertamento non è configurabile la circostanza aggravante dell’aver provocato un incidente stradale (sulla nozione di indicente trovi QUI un mio recente articolo) .
La paradossale conseguenza è che in caso di incidente sarà quindi più vantaggioso per il soggetto che sappia di poter essere in grave stato di ebbrezza (oltre la soglia di 1, 5 g/l) rifiutare l’accertamento perché:
– così facendo evita il raddoppio della pena previsto dall’art. 186, comma 2 bis, CdS per il caso di incidente;
– evita l’aumento della ammenda in caso di fatto commesso in orario notturno (cfr. Cass. Pen., sent. 36073/2017);
– evita il raddoppio delle pena nel caso la vettura non sia sua;
– non gli viene applicata la revoca della patente (con il divieto di conseguirla per tre anni), ma solo la sospensione da 6 mesi a 2 anni;
– potrà essere richiesta la sostituzione della pena con quella dei lavori di pubblica utilità che, se concessa, consentirà di ottenere la revoca della confisca ed il dimezzamento del periodo di sospensione della patente.
Perchè esistono queste differenze di trattamento tra le due fattispecie?
Si tratta, all’evidenza, di conseguenze non volute dal legislatore e derivanti da una frettolosa formulazione della norma, tuttavia, finché il testo di legge sarà questo, nei casi più gravi sarà più vantaggioso opporre sin da subito il proprio rifiuto, oppure effettuare solo una prima prova per poi rifiutarsi di effettuare la seconda.
Attenzione, però, a non dare per scontato di andare esenti dalla contestazione di “guida in stato d’ebbrezza” per la sola mancanza di misurazione del tasso alcolemico attraverso l’alcoltest.
Occorre infatti precisare che, anche in assenza di accertamenti strumentali, il conducente può essere comunque sanzionato per guida in stato di ebbrezza sula base degli indici sintomatici rilevati dagli operanti (occhi lucidi, alito vinoso, andatura barcollante, eloquio incerto, ecc…). Tuttavia in tale caso, in osservanza del principio del favor rei devono trovare applicazione solo le sanzioni previste per l’illecito amministrativo di cui alla prima fascia (sanzione amministrativa da € 543 a € 2.170 € e sospensione della patente di guida da tre a sei mesi).
Ci si interroga, tuttavia, se in presenza di un rifiuto dell’accertamento, oltre allo specifico reato di cui abbiamo parlato, possa essere contestato anche l’illecito amministrativo di giuda in stato di ebbrezza – art. 186, comma 2, lett. a) CdS – sulla base dei soli sintomi rilevati dagli operatori.
In merito, la giurisprudenza sembra orientata ad ammettere il concorso materiale tra queste due fattispecie, alla luce della diversità dei beni giuridici tutelati.
In ogni caso, alla luce delle pesanti conseguenze e dell’elevato rischio di mettere in pericolo la vita propria e degli altri, il consiglio non può che essere quello di evitare di mettersi alla giuda dopo aver bevuto.
Avv. Patrizio Paolo Palermo ©