Guida in stato d’ebbrezza: che cos’è la messa alla prova e cosa comporta?

In un recente articolo del nostro blog abbiamo trattato del reato di guida in stato di ebbrezza, soffermandoci in particolare sulla possibilità, stabilita dall’art. 186, comma 9 bis, del Codice della Strada di ottenere la sostituzione della pena con quella dei lavori di pubblica utilità.

Ma se questa soluzione non è percorribile, per esempio perché l’interessato ha già in passato fruito dell’istituto (che, lo ricordiamo, può essere utilizzato solo una volta), come ci si può difendere?

In tali ipotesi, potrebbe essere vantaggioso ricorrere alla messa alla prova, istituto disciplinato in via generale dall’art. 168 bis del Codice Penale.

La messa alla prova può essere concessa in caso di reati puniti con pena detentiva non superiore a 4 anni di reclusione, ovvero nei casi di citazione diretta a giudizio (per es. furto, truffa, resistenza a Pubblico Ufficiale).

Similmente all’ipotesi prevista dal Codice della Strada, l’istituto può essere concesso solo una volta, sulla base di un programma di trattamento elaborato dall’ufficio di Esecuzione Penale Esterna competente per il territorio di residenza dell’istante.

Il programma di trattamento deve necessariamente prevedere lo svolgimento di lavori di pubblica utilità, l’eliminazione delle conseguenze dannose del reato e, ove possibile – il risarcimento del danno.

Con specifico riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, come condotta latu sensu riparatoria viene sovente previsto l’obbligo di partecipare a corsi di formazione sulla sicurezza stradale e/o la devoluzione di una somma, determinata sulla base delle possibilità economiche dell’istante, ad un Ente o associazione, come ad esempio il Fondo Vittime della Strada.

A fronte di questo programma, il Giudice deve compiere una doppia valutazione sia circa l’idoneità del programma, che in ordine al fatto che l’imputato probabilmente si asterrà dal commettere ulteriori reati.

Durante l’esecuzione del programma il processo penale viene momentaneamente sospeso.

La durata del periodo di sospensione del processo viene determinata dal Giudice, in ogni caso per un periodo non superiore a due anni se si procedere per i reati per cui è prevista la pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuiniaria, oppure non superiore a un anno per i reati puniti con la sola pena pecuniaria.

Durante questo periodo, l’istante è affidato al servizio sociale, che ha l’obbligo di relazionare all’Autorità Giudiziaria circa la condotta dello stesso.

Come si conclude la procedura?

Il Giudice dichiarerà poi estinto il reato con sentenza se, all’esito di questo periodo, la persona avrà adempiuto alla prescrizioni imposte e non avrà commesso ulteriori delitti non colposi o reati della stessa indole per cui si procede (nel nostro caso, ulteriori guide in stato di ebbrezza).

Dunque, si tratta di una sentenza che non accerta una responsabilità, ma “interrompe” il processo in ragione dello svolgimento positivo della messa alla prova.

Nonostante ciò, la decisione viene comunque iscritta nel Casellario Giudiziale (sebbene non in quello a richiesta dei privati), per far sì che si possa verificare che l’istante ne benefici una sola volta nella vita.

Dunque l’ammissione alla messa alla prova non è un atto dovuto, ma presuppone una valutazione prognostica circa l’astensione dalla commissione di ulteriori reati.

E cosa accade, nel frattempo, alla patente di guida?

In questo caso, poichè il processo penale non si conclude con una sentenza di condanna, il Giudice penale non può disporre la sospensione della patente, ma gli atti vanno trasmessi alla Prefettura affinché, rivalutata nel merito la vicenda, stabilisca il periodo di sospensione (Art. 224, comma 3, CdS) e l’eventuale confisca dei veicolo (Art. 224 ter, comma 6, CdS).

Ebbene, la Corte Costituzionale, con due recenti pronunce (Cort. Cost., sent. n. 75/2020 e Cort. Cost., sent.163/2022) , ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di entrambe le disposizioni, nella parte in cui non prevedono che, in caso di messa alla prova effettuato con esito positivo, il Prefetto disponga la revoca della confisca ed il dimezzamento della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di giuda.

Questo perchè la messa alla prova costituisce una misura più articolata e spesso più impegnativa, prevedendo ulteriori e più stringenti prescrizioni rispetto al mero svolgimento dei lavori di pubblica utilità.

Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che non fosse giustificabile una diversità di conseguenze così marcata tra i due istituti.

Tuttavia, occorre sottolineare che, come ribadito in più occasioni dalla Corte, ciò vale solo nelle ipotesi di cui agli art. 186, lettere b e c), Cds: in altre parole, viene espressamente esclusa la possibilità di ottenere la revoca della confisca, ovvero il dimezzamento della sospensione in caso di incidente stradale, poiché secondo il dettato dell’art. 186, CdS, in tale ipotesi non è possibile chiedere la conversione della pena in lavori di pubblica utilità.

Specularmente, anche in caso di messa alla prova, non sarà possibile ottenere questi vantaggi.

Avv. Patrizio Paolo Palermo ©

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