La madre rimane anonima se l’interpello è impossibile per incapacità.

L’art. 30 del D.P.R. n. 396/2000 consente alla madre che non intenda riconoscere il neonato di partorire in ospedale richiedendo, prima o al momento del parto, di non essere nominata nella dichiarazione di nascita.

L’irreversibilità di tale scelta è stata però definitivamente scalfita a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n.278/2013, a seguito della quale, se il figlio richiede di accedere alle informazioni relative alla sua origine e all’identità dei suoi genitori, il Giudice può interpellare la madre, attraverso un procedimento che ne assicuri la massima riservatezza, richiedendole se intende revocare la propria dichiarazione iniziale.

Il diritto del figlio a risalire alle proprie radici trova un limite invalicabile laddove la madre, a seguito di tale interrogazione riservata, confermi di voler rimanere anonima.

Viceversa, è possibile conoscere l’identità della madre qualora siano decorsi 100 anni dalla nascita del richiedente, oppure anche anteriormente se la genitrice sia deceduta o non risulti possibile procedere all’interpello per irreperibilità della stessa. Solo in tali casi il diritto all’anonimato è affievolito.

Non risulta invece superabile l’anonimato nei casi in cui non si possa procedere all’interpello per incapacità della madre, ossia quando la stessa non risulti in grado di comprendere e valutare consapevolmente la scelta di revocare o meno la dichiarazione iniziale.

Solo un ripensamento consapevole da parte di un soggetto che abbia piena capacità di intendere e di volere è dunque suscettibile di comportare l’accoglimento dell’istanza di accesso al nominativo materno da parte del figlio.

Il diritto all’anonimato ha inoltre natura personalissima e contenuto non patrimoniale, pertanto, anche la sua revoca non può essere compiuta per tramite di un rappresentante.

La Cassazione, anche di recente, ha infatti ribadito che l’art. 28, comma 6, L. 184/1983 impone di assicurare che l’accesso alle proprie origini non sia foriero di “grave turbamento dell’equilibrio psico-fisico del richiedente“, ma che tale esigenza deve essere garantita anche con riguardo alla madre (cfr. Cass. Sez. Un. n. 1946/2017; Cass. civ., n. 22497/2021).

Deve essere dunque confermata l’irreversibilità dell’anonimato laddove la madre sia ancora in vita e le sue condizioni psico-fisiche non consentano una consapevole revoca della scelta di anonimato (così espressamente Corte Appello di Ancona, sez. Minori, decr. 12.03.2021)

Avv. Alberta Martini Barzolai ©

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