L’ordinanza della Cassazione Civile n. 12241 depositata il 23 giugno 2020 si è pronunciata nuovamente sulla tematica dell’abbandono della casa familiare da parte di uno dei coniugi.
Nel caso concreto, in particolare, la moglie aveva lasciato la casa coniugale dopo che ormai da tempo mancava tra i coniugi un serio rapporto di affezione, progettualità di coppia e condivisione. Prima dell’abbandono, dunque, i coniugi erano già separati di fatto.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha ribadito che, sebbene l’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisca in astratto violazione del dovere di coabitazione nascente dal matrimonio, tale condotta è ininfluente ai fini dell’addebito della separazione laddove intervenga in un momento in cui l’intollerabilità della convivenza si è già verificata e, a maggior ragione, ove essa sia conseguenza del comportamento di entrambi i coniugi.
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Prima di allora pure l’ordinanza n. 11162 del 23 aprile 2019 la Cassazione Civile aveva confermato che l’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa famigliare non costituisce di per sè solo motivo di addebito della separazione.
La parte che intende richiedere la pronuncia di una separazione con addebito a carico del coniuge che si è allontanato dall’abitazione coniugale dovrà dimostrare pertanto non solo il fatto in sè dell’abbandono, ma anche che sia stata proprio tale condotta a rendere intollerabile la convivenza e provocare la rottura del matrimonio.
La giurisprudenza ritiene infatti che la cessazione della convivenza non costituisce violazione di un dovere nascente dal matrimonio quando ormai il legame affettivo fra i coniugi è definitivamente venuto meno e la crisi del matrimonio deve considerarsi irreversibile (nello stesso senso si era già espressa Cass. civ. n. 25966 del 15 dicembre 2016 secondo cui “l’allontanamento di uno dei coniugi dalla casa familiare costituisce, in difetto di giusta causa, violazione dell’obbligo di convivenza e la parte che, conseguentemente, richieda la pronuncia di addebito della separazione ha l’onere di provare il rapporto di causalità tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza, gravando, invece, sulla controparte la prova della giusta causa“).
Avv. Alberta Martini Barzolai ©