Che cos’è l’estinzione del reato per condotte riparatorie di cui all’art. 162 ter c.p.

Nell’ordinamento giuridico italiano, i reati possono essere di diversa natura in relazione alla loro procedibilità.

Alcuni reati sono procedibili d’ufficio, mentre altri richiedono la querela della persona offesa per avviare il procedimento penale. In questi casi è la persona offesa che decide se perseguire penalmente o meno il soggetto responsabile.

Una volta formalizzata la querela, essa può essere in ogni momento rimessa – salvo alcune eccezioni – sino al termine del processo.

Ma se la persona offesa non intende rimette querela, cosa può fare l’imputato?

L’art. 162 ter del codice penale offre una risposta, introducendo la possibilità di estinguere il reato attraverso condotte riparatorie.

Art. 162 ter c.p. e l’estinzione del reato attraverso condotte riparatorie

L’art. 162 ter c.p. rappresenta un’innovativa apertura nel panorama della procedibilità penale, introducendo la possibilità di estinguere alcuni reati procedibili a querela attraverso il compimento di condotte riparatorie da parte dell’imputato. Questa norma è stata inserita con l’obiettivo di favorire la risoluzione di controversie minori attraverso la riparazione del danno, riducendo così la durata dei processi e favorendo una giustizia più vicina alle esigenze della vittima.

Ambito di applicazione

La disposizione dell’art. 162 ter c.p. si applica esclusivamente ai reati procedibili a querela soggetta a remissione. Ciò significa che non può essere utilizzata nei confronti di reati più gravi, dove l’interesse pubblico prevale su quello del singolo e la procedibilità è d’ufficio. La norma trova applicazione, ad esempio, nei casi di lesioni personali lievi (art. 582 c.p. nelle ipotesi procedibili a querela), furto, appropriazione indebita, truffa ed altre fattispecie similari.

Cosa prevede la norma?

In sostanza, l’art. 162 ter c.p. stabilisce che l’imputato può ottenere l’estinzione del reato qualora ripari interamente il danno provocato alla persona offesa. Questo risarcimento deve avvenire prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e deve essere congruo e idoneo a compensare il pregiudizio subito.

Ma cosa accade se la persona offesa non accetta il risarcimento o non vuole rimettere la querela?

Anche se la persona offesa decide di non accettare l’offerta di risarcimento proposta dall’imputato, il giudice ha comunque la possibilità di valutare autonomamente la congruità della condotta riparatoria, dichiarando l’estinzione del reato nel caso in cui la condotta riparatoria risulti idonea a compensare il danno.

Questo significa che, persino in assenza di remissione della querela, l’imputato può ottenere l’estinzione del reato dimostrando di aver risarcito – o tentato di risarcire – la vittima.

Come deve essere formulata l’offerta risarcitoria affinché il giudice la possa prendere in considerazione?

Per ottenere l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 162 ter c.p., l’offerta di risarcimento del danno deve essere formulata in modo tale da risultare concreta, seria e adeguata: non può, infatti, limitarsi a una semplice manifestazione di volontà da parte dell’imputato, ma deve soddisfare determinati requisiti affinché il giudice possa valutarla positivamente.

Vediamo i principali criteri da rispettare:

A. Offerta congrua e proporzionata al danno subito

L’offerta deve essere congrua, ossia commisurata al danno effettivamente subito dalla persona offesa. Il giudice valuterà se l’importo proposto o le modalità di riparazione siano adeguate rispetto al pregiudizio sofferto dalla vittima.

B. Offerta tempestiva

Per essere valutata dal giudice, l’offerta deve essere presentata prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.

C. Formalizzazione dell’offerta: modalità e strumenti

L’offerta deve essere formulata in modo chiaro e preciso, specificando le modalità di risarcimento (ad esempio, versamento di una somma di denaro, restituzione del bene, o altra forma di riparazione). È possibile formalizzare l’offerta tramite un atto scritto, trasmesso alla persona offesa (per es. con l’invio di un assegno circolare).

Inoltre, l’offerta può essere effettuata anche dinanzi al giudice nel corso dell’udienza, sempre che ciò avvenga prima dell’apertura del dibattimento.

D. Documentazione e prova dell’effettività dell’offerta

L’imputato ha l’onere di dimostrare che l’offerta di risarcimento è stata effettivamente proposta alla persona offesa e che quest’ultima ha avuto la possibilità di accettarla o rifiutarla.

E. Serietà e buona fede dell’offerta

Il giudice terrà conto anche della serietà e della buona fede con cui l’offerta è stata formulata. Questo significa che l’offerta non deve essere un atto meramente formale, ma deve rappresentare una reale volontà di riparare il danno subito dalla vittima, mettendola nella condizioni di accettare o rifiutare la proposta.

Offerta reale e dissenso della persona offesa

Quando la persona offesa non accetta l’offerta di risarcimento o esprime il proprio dissenso, una delle possibilità che ha l’imputato è quella di formulare un’offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile.

L’offerta reale è una procedura formale, prevista per i casi in cui un debitore intenda liberarsi dalla propria obbligazione ma il creditore (in questo caso la persona offesa) non accetti la prestazione.

Questa procedura è costosa e complessa, ma garantisce una prova certa dell’avvenuto tentativo di riparazione, anche se la persona offesa non accetta.

Sono ammessi strumenti equipollenti all’offerta reale?

La giurisprudenza ha ammesso che anche altre forme di offerta documentata possono essere considerate valide ai fini dell’art. 162 ter c.p. In pratica, è possibile che l’imputato, anziché seguire la procedura formale dell’offerta reale, proceda con una proposta di risarcimento meno rigida, purché sia in grado di provare l’effettività dell’offerta.

Ad esempio, la prova del tentativo di versamento di una somma a favore della persona offesa, tramite una lettera raccomandata o un bonifico, può essere sufficiente se il giudice ritiene che tale condotta sia stata seria e adeguata. In questi casi, l’imputato deve documentare il proprio tentativo di risarcimento, anche se non accettato, dimostrando che ha compiuto tutti gli sforzi possibili per soddisfare la pretesa risarcitoria della vittima.

Valutazione da parte del giudice: decisione sulla congruità

Il giudice ha il compito di valutare se la condotta riparatoria posta in essere dall’imputato sia stata effettivamente idonea a compensare il danno. La decisione del giudice è presa in modo discrezionale, sulla base della documentazione in suo possesso. Se il giudice ritiene che la riparazione sia adeguata, dichiara l’estinzione del reato.

Opposizione della persona offesa

La persona offesa si può opporre alla richiesta di estinzione del reato, contestando l’idoneità o la congruità della riparazione proposta. Tuttavia, l’opposizione non è di per sé sufficiente a impedire l’estinzione.

Effetti della dichiarazione di estinzione del reato

In caso di accoglimento dell’istanza, il giudice emette un provvedimento che dichiara l’estinzione del reato. Questo comporta la chiusura del procedimento penale a carico dell’imputato, senza entrare in alcun modo nel merito della fondatezza o meno dell’accusa.

Conclusione

L’art. 162 ter c.p. rappresenta un’importante opportunità per l’imputato di per evitare un lungo processo penale, anche in assenza della disponibilità della persona offesa a rimettere la querela.

Per ottenere l’estinzione del reato è, tuttavia, essenziale che l’imputato agisca con tempestività, formulando un’offerta di risarcimento congrua e documentata. In questi casi, il rapido intervento di un penalista è cruciale per concludere velocemente ed in serenità il processo.

Avv. Patrizio Paolo Palermo ©

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