Accade assai di frequente che, durante il matrimonio, i coniugi attivino un conto corrente cointestato su cui far confluire i rispettivi stipendi e dal quale vengono effettuati tutti i prelievi ordinari per le necessità familiari (es. utenze, locazioni, mutui, carburante, ecc.)
Altrettanto spesso, quando il matrimonio entra in crisi, sorgono contestazioni circa la proprietà delle somme depositate sul conto corrente comune e la percentuale con cui ciascuno dei coniugi ha contribuito alla formazione del patrimonio familiare e a farsi carico delle spese di vita del nucleo.
I contrasti relativi a tale aspetto diventano ancora più difficili da risolvere nei casi in cui, appena prima o durante la separazione, il marito o la moglie prelevi in tutto o in parte il saldo residuo del conto corrente comune.
Per stabilire se vi sia o meno un diritto di uno dei coniugi cointestatari ad appropriarsi del saldo presente sul conto corrente comune e quale sia la sorte delle somme accantonate, occorre premettere che, in linea generale, il denaro depositato su un conto cointestato si presume di proprietà dei titolari in parti uguali.
Tale presunzione è tuttavia relativa, poiché a ciascuno dei coniugi è data la possibilità di dimostrare il contrario, ossia che le somme depositate sono state versate dall`uno o dall`altro in misura superiore al 50% o addirittura in via esclusiva.
Nell`ambito del rapporto matrimoniale, tuttavia, tale regola generale deve essere coordinata con le norme che si occupano del regime patrimoniale dei coniugi, in quanto gli effetti della separazione sono molto diversi in ragione del fatto che i coniugi abbiano optato per il regime della separazione dei beni o, viceversa, della comunione legale dei beni.
Se i coniugi sono in separazione dei beni, infatti, si applica la regola generale per cui si presume la proprietà delle somme depositate al 50%, a meno che il marito o la moglie non dimostri di aver versato una percentuale maggiore, ragion per cui avrebbe diritto a prelevare il saldo residuo nella medesima percentuale (v. nota 1).
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La soluzione, viceversa, risulta assai più complessa laddove i coniugi siano sposati in regime di comunione legale dei beni.
In tale ipotesi infatti, una volta sciolta la comunione, le somme presenti sul conto cointestato devono essere divise tra i coniugi al 50%, salva la prova contraria, che può essere data dimostrando che tutto o parte del denaro versato sia di proprietà esclusiva di uno dei due.
Ed è proprio qui che possono sorgere le difficoltà, poiché, mentre nella separazione dei beni tutti i cespiti acquistati da uno dei coniugi durante il matrimonio rimangono di proprietà esclusiva dell`intestatario, nella comunione legale dei beni il denaro contante può avere una diversa sorte in ragione del momento in cui lo si consideri.
In particolare, si possono distinguere tre categorie:
A) denaro oggetto di comunione immediata: ossia che è di proprietà di entrambi i coniugi sin dal momento in cui è percepito;
B) denaro oggetto di comunione residuale (c.d. de residuo), che diventa comune solo se al momento dello scioglimento della comunione non è stato consumato (l`esempio più importante è costituito dai risparmi derivanti dal reddito individuale di ciascuno);
C) denaro c.d. personalissimo, ossia che non confluisce mai nel patrimonio comune, neppure al momento dello scioglimento della comunione, a condizione che il coniuge possa dare la prova della proprietà esclusiva (il caso più frequente riguarda, ad esempio, il denaro ricevuto dal coniuge per donazione o successione, o di cui sia proprietario prima del matrimonio).
Ebbene, ai fini della suddivisione del saldo di conto corrente e della valutazione relativa alla legittimità del prelievo di una percentuale uguale o superiore al 50% del saldo da parte di uno dei coniugi in prossimità della separazione, occorre considerare a quale categoria sia riconducibile ogni versamento e il momento in cui sia avvenuto il prelievo, così da stabilire se le eventuali somme di cui il coniuge si è appropriato siano o meno suscettibili di rimborso (v. nota 2 in calce).
Al contrario, nel caso si tratti di coniugi in regime di separazione dei beni, il marito o la moglie che abbia prelevato una somma superiore alla quota di propria spettanza, dovrà sempre restituire all`altro quanto prelevato in eccedenza.
Avv. Alberta Martini Barzolai ©
nt.1) Si precisa che tale ragionamento è volutamente semplificato per una più agevole comprensione, poiché per giungere ad un`analisi più precisa non sarebbe sufficiente valutare solo la percentuale dei versamenti di ciascuno dall`apertura del c/c, ma anche l`andamento delle spese e dei prelievi (specie quelli personali!). In via di approssimazione e, al solo fine di una più agevole comprensione, si farà dunque riferimento all`ipotesi più basilare in cui tutte le uscite avvenute durante il periodo in cui il conto corrente è stato attivo e cointestato siano avvenute per spese familiari, o siano state comunque, proporzionate ai rispettivi versamenti.
nt. 2) Va al riguardo precisato che non sono suscettibili di rimborso le somme prelevate dal patrimonio comune e che siano state impiegate nell`interesse della famiglia.