In un nostro precedente articolo abbiamo parlato della possibilità, prevista dall’art. 162 ter, c.p., di ottenere l’estinzione del reato a fronte del compimento di condotte riparatorie.
Infatti, per la maggior parte dei reati procedibili a querela, è possibile chiudere il processo con una sentenza di non doversi procedere anche se la persona offesa non accetta il risarcimento o non rimette la querela.
Vediamo ora un caso pratico.
Due ragazzi decidono di fare un dispetto ad un loro conoscente che gestisce un bar della zona.
Una notte, dopo l’orario di chiusura, si recano davanti al locale e mettono della colla nella serratura della porta.
La mattina dopo il titolare cerca di aprire il locale, ma si accorge che la serratura è stata bloccata ed è costretto a rivolgersi ad un fabbro per far aprire la porta.
Il gestore si rivolge così alle Forze dell’Ordine, che controllando le telecamere di sorveglianza presenti nella zona rilevano l’azione compiuta dai ragazzi.
I due vengono così indagati per danneggiamento aggravato (art. 635, 625, n.7, c.p.), in quanto il fatto è stato commesso su un bene (la serratura della porta esterna del locale) esposto per necessità alla fede pubblica.
Veniva quindi emesso a loro carico un decreto penale di condanna per la pena di € 4.500 di multa ciascuno.
Ricevuta la notifica, i due si rivolgevano al nostro studio.
L’avvocato penalista prendeva subito contatto con il gestore del bar per verificare se ci fosse la possibilità di trovare un accordo per rimettere la querela.
Tuttavia quest’ultimo, per il tramite del proprio legale, avanzava una richiesta risarcitoria molto elevata, comprensiva non solo del costo per intervento del fabbro e la sostituzione delle serrature, ma anche del mancato guadagno per il tempo in cui il bar non ha potuto aprire, del danno morale causato al titolare, e delle spese legali da questi sostenute.
Posto che le posizioni erano molto distanti, si decideva di opporre il decreto penale di condanna e seguire la strada dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 162 ter, c.p.
Veniva quindi offerta a controparte una somma di gran lunga inferiore a quella richiesta (circa un terzo), che veniva da questa trattenuta a titolo di acconto sul maggior danno subito, senza rimettere la querela.
Arrivati in udienza si depositava la prova dell’avvenuto pagamento, insistendo sul fatto che la cifra versata era del tutto adeguata a coprire il costo delle riparazioni mentre per le ulteriori voci di danno (come il mancato guadagno) non erano state adeguatamente provate.
Il Giudice, nonostante il dissenso della persona offesa, accoglieva la richiesta formulata nell’interesse dei nostri Assistiti, pronunciando una sentenza di non doversi procedere, ossia una sentenza che, non essendo una condanna, non costituisce un “precedente penale”.
Dunque, questa vicenda si chiudeva senza conseguenze pregiudizievoli per i due ragazzi, e con una spesa contenuta e in ogni caso di gran lunga inferiore rispetto alla somma richiesta dal gestore del locale.
Questo è solo un esempio di come un’attenta valutazione del caso e di tutte le possibili soluzioni offerte dal nostro ordinamento possa portare ad ottenere risultati degni di nota.
L’importante, però, è rivolgersi ad una avvocato competente in materia penale che possa studiare il caso specifico e guidarvi nella scelta della migliore strategia difensiva.
Avv. Patrizio Paolo Palermo ©